Da Crispi ai giorni nostri
a cura della dott.ssa Alessia Facineroso
Le riforme sulla beneficenza auspicate dal deputato Bonfadini si realizzarono solo in età crispina, durante la quale ci si avviò i direzione di un crescente allargamento della sfera d’intervento dello Stato e delle amministrazioni pubbliche nel settore della beneficenza.
Modificata dall’art. 1 del R.D. 30 dicembre 1923, n° 2841.
Il Governo, con legge delega 22 luglio 1975, n° 382, emanò il D.P.R. 24 luglio 1977, n° 616, che doveva ridisegnare l’assetto delle funzioni amministrative, di cui agli artt. 117/118 della Costituzione, trasferite dallo Stato alle Regioni.
Se prima della legge delega, quindi, alle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (dette anche Opere Pie) veniva attribuita la qualifica di ente pubblico, con la legge delega 382 del 1975 è stato superato il regime monopolistico voluto dalla legge Crispi sulla obbligatorietà della pubblicizzazione di tutte le Istituzioni di assistenza e beneficenza. Anche la Corte Costituzionale ha consentito la sopravvivenza delle IPAB regionali ed infraregionali non soppresse dal DPR 616/77; le quali assumono (con gli opportuni requisiti improntati a criteri organizzativi su base privatistica) personalità giuridica di diritto privato.
La Corte costituzionale, con decisione n° 363 del 1990, ha inoltre deciso che il controllo sostitutivo in materia di assistenza e beneficenza pubblica rientri nella competenza regionale.
Tutte le associazioni, le fondazioni e quant’altro che operano nel campo delle attività istituzionali con finalità di solidarietà sociale, che non sono pubblici sono invece considerate O.N.L.U.S. (organizzazioni non lucrative di utilità sociale).
In questa cornice, l’azione della Pubblica Amministrazione, nella gestione della cosa pubblica, diventa più penetrante, efficace, a condizione che la stessa ottemperi ad una delle sue prioritarie esigenze fondamentali di economicità ed ottimizzazione delle risorse; servendosi dell’esercizio del potere del controllo dei flussi di spesa.
Lultimo intervento legislativo della Regione Sicilia in merito alle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza è stato attuato con la L.R. n°22 del 1986 avente ad oggetto il Riordino dei servizi e delle attività socio-assistenziali in Siciliae finalizzato ad attuare una riforma delle Opere Pie volta ad assicurarne una migliore organizzazione.
Da allora ad oggi a determinare la forte esigenza di intervento ulteriore in materia è intervenuta la Corte Costituzionale. Con la sentenza n°396/1988 la Suprema Corte ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge Crispi la quale riconosce la natura pubblica di tutte le istituzioni di assistenza e beneficenza. La norma infatti si pone in contrasto con lart. 38 della Costituzione il quale recita l’assistenza privata è libera.
Di qui l’esigenza di procedere ad un riordino ulteriore delle Istituzioni al fine di verificare, caso per caso, quando vi sono i presupposti per il mantenimento della personalità giuridica di diritto pubblico e quando, invece, sia opportuno riconoscere alle stesse natura privata.
A livello nazionale si è proceduto in tal senso con la legge delega n°328 del 2000 e con il successivo decreto legislativo n°207/2001. In particolare il d.lvo 207 ha disposto la trasformazione in Aziende pubbliche di servizi alla persona delle IPAB in possesso dei requisiti per il mantenimento della natura pubblicistica ed inoltre ha previsto, per quelle non aventi le suddette caratteristiche, la trasformazione in associazioni o fondazioni di Diritto privato.
Per le Regioni a Statuto speciale il legislatore nazionale ha stabilito inoltre, con n lart. 27 del d.lvo 207/2001 il riordino delle Ipab ai sensi degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione.
Il Disegno di legge si pone come obiettivo quello di consentire il riordino delle Istituzioni Pubbliche in conformità a quanto disposto dalla Corte Costituzionale prima e dal legislatore nazionale poi ed è frutto di un ampio confronto con tutti gli attori del sistema, confronto che ha tenuto acceso il dibattito nel corso della conferenza regionale delle politiche sociali tenutasi a Giardini Naxos il 29 e 30 marzo scorso.
Alla luce di quanto esposto il DDL prevede che, entro 12 mesi dall’entrata in vigore le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza possano: a) trasformarsi in aziende pubbliche si servizi alla persona se hanno un volume di entrate pari o superiore a 500 mila euro; b) accorparsi tra loro per raggiungere tale volume di entrate e trasformarsi in Aziende pubbliche di servizi alla persona; c) trasformarsi in associazioni o fondazioni di diritto privato qualora non abbiano il volume di entrate richiesto; d) estinguersi.
L’obiettivo che ci si propone è dunque quello di creare modelli organizzativi più efficienti garantendo il mantenimento della natura pubblicistica a quelle Ipab che svolgano effettivamente attività di assistenza e beneficenza e consentendo l’accorpamento e di conseguenza una più efficace ed efficiente organizzazione a quelle collocate in zone limitrofe e con un volume di entrate molto ridotto.
Nel caso di estinzione, è prevista la devoluzione del patrimonio e del personale delle Ipab al Comune nel quale ha sede l’Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza estinta in base alle esigenze relative alla dotazione organica dello stesso rideterminate entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge; alle altre istituzioni assistenziali di cui all’articolo 26 della legge regionale n. 22 del 9 maggio 1986 o ad enti o istituzioni senza fini di lucro che abbiano nel loro oggetto sociale il perseguimento di attività di carattere socio-assistenziale.
Da una prima proiezione effettuata sui dati di bilancio in possesso dell’Assessorato, oltre il 50 per cento delle IPAB saranno accorpate o trasformate.
Il disegno di legge disciplina inoltre l’organizzazione delle Aziende pubbliche di servizi alla persona alle quali è consentito l’ampliamento delle attività per il cui esercizio si possono avvalere anche del privato sociale.
Consentita l’alienazione del patrimonio non direttamente utilizzato per lo svolgimento delle attività ed il ricavato può essere destinato al potenziamento dei servizi o al finanziamento del piano di rientro.
Le Regione esercita le funzioni di vigilanza e controllo. Gli atti amministrativi più importanti adottati dalle Ipab sono soggetti a controllo di legittimità.
Alle future aziende di servizi alla persona è fatto obbligo di presentare un piano triennale di risanamento aziendale per la copertura delle esposizioni debitorie. A tal fine il DDL rinvia ad un successivo decreto Presidenziale con il quale saranno stabilite le relative linee di attuazione.
La Regione concorre al risanamento delle esposizioni debitorie accertate alla data dell’avvenuta trasformazione delle Ipab trasformate in Aziende pubbliche di servizi alla persona, con un impegno finanziario di 2 milioni di euro per ciascuno degli esercizi finanziari 2011-2012-2013, condizione per l’accesso al contributo è la sottoscrizione di un accordo con l’Assessorato competente, che attraverso il suddetto piano di risanamento aziendale, preveda l’azzeramento delle esposizioni debitorie entro il 31/12/2013.
Per le Aziende pubbliche di servizi alla persona è previsto, altresì, un contributo ordinario della Regione alle spese di funzionamento.
A tal fine l’articolo 9 istituisce un apposito Fondo e demanda all’Assessore per la famiglia, le politiche sociali e il lavoro la definizione dei criteri di riparto. I parametri di riferimento sono genericamente individuati nell’attività svolta e nei relativi costi, in quanto ci si trova in presenza si un sistema in evoluzione che dovrebbe portare in tempi brevi alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali e delle relative tariffe, di cui bisognerà tenere conto per definire la misura del contributo regionale.
Si prevede comunque che i suddetti criteri tengano conto dei processi di mobilità del personale a tempo indeterminato proveniente da altre Istituzioni Pubbliche di assistenza e beneficenza o Aziende a seguito di procedimenti di fusione, accorpamento o estinzione, ciò al fine di favorire i processi di assorbimento del personale delle IPAB che si estinguono e garantire quindi il mantenimento dei livelli occupazionali attuali.