(Messina, 1809 – Messina, 1867)
Letterato e poeta, fu romantico pugnace, intriso di sentimenti religiosi, sensibile intellettuale del suo tempo. Nel settembre del 1832, dal feroce tra classicisti e romantici, dettava all’Accademia Peloritana, con innocente trasporto, il “Manifesto” del Romanticismo: «Io credo che il fine morale della poesia di tutte le generazioni di tutti i luoghi e di tutti i tempi sarà quello dell’amore, della patria, della religione, del culto dei sepolcri e di tutte quelle virtù che civili e religiose si chiamano».
Osteggiato da Agostino Gallo, da Ferdinando Malvica, da Benedetto Castiglia, trovò invece pieno sostegno in Gaetano Daita. Autore, nel 1831, dei Saggi poetici, nel 1851 ottenne la cattedra di Letteratura Italiana all’Università di Messina. Scrisse inoltre, Fede e dolore (1863) e l’imitazione La morte di Abele di Salomone Gessner (1864). Tutta la sua produzione sarà data alle stampe in quattro volumi, dal Municipio di Messina nel 1874. Sarà il suo fervore romantico ad ucciderlo; infatti, gli amuleti che lo accompagnavano, e che credeva esercitassero potere assoluto contro lo spettro del colera, non riuscirono a preservarlo dal contagio né dalla morte.